Intervista a CLAUDIA D'AVERSA, COUNSELOR per l'età evolutiva. Il burnout e il COUNSELING nel Testo Unico.

Intervista del di

Stai passando un periodo difficile e non sai a chi rivolgerti?

1. Buongiorno Dott.ssa D'Aversa, ci parli brevemente della sua formazione.
Chi è il counselor e quindi il Counseling?

Buongiorno! Sono Dr. In Sociologia, mi sono laureata con una tesi sui 'cambiamenti nel mercato del lavoro attuati dalla legge Biagi' e successivamente ho proseguito con un Master in Gestione e Sviluppo delle risorse umane. Ho esperienze nella selezione e nella formazione, dopo le quali ho scelto di specializzarmi ancora in Counseling presso l’ASPIC, convinta che lavorando con le PERSONE, nella mia formazione mancasse un pezzo che attraverso il Counseling è stato colmato!
Il Counseling è una relazione di aiuto che si attua tra Counselor e cliente. Il Counselor attraverso la sua professionalità offre ascolto e supporto al cliente che ha necessità di ri-orientare le sue risorse, verso obiettivi, desideri e bisogni, che migliorino la qualità della sua vita mantenendo e potenziando la sua capacità decisionale nella soluzione delle difficoltà. Come Counselor mi occupo quindi della promozione e dello sviluppo del BEN-ESSERE delle persone in tutti gli ambiti in cui ci si trovi ad aver bisogno di supporto, che siano relazionali, affettivi, professionali, esistenziali.
Ci tengo a precisare che il Counselor NON cura le persone, e NON dice alle persone cosa devono fare: le accompagna in un percorso limitato nel tempo, in cui insieme si attivano le risorse per cambiare ciò che non piace o crea disagio e si agevola la soluzione a situazioni problematiche.

2. Il Counselor è citato anche nel Decreto Legislativo 9 Aprile 2008 n°81 del Testo Unico, in materia Tutela e Sicurezza sul Lavoro, in che modo?

Non esattamente. Nel Testo Unico del 2008 ciò che viene sottolineato (in parte già presente tra le righe delle normative precedenti in materia di sicurezza sul lavoro) è che non si possono ignorare gli effetti delle condizioni di lavoro che riguardano l’integrità e la salute PSICO-FISICA del lavoratore. In parole povere, si fa strada il concetto che SALUTE e SICUREZZA riguardano anche gli aspetti mentali, psicologici ed emotivi, che un lavoratore si trova ad affrontare.

Il benessere aziendale complessivo riguarda infatti, anche la prevenzione dello stress lavorativo e la cura di tutti gli elementi che possano garantire salute e benessere al lavoratore: lavorare in un ambiente curato a livello ergonomico, non solo fisico ma anche mentale.

Sostanzialmente significa preoccuparsi non solo di portare i caschi protettivi nei cantieri, o avere sedie adatte a non farci venire il mal di schiena, ma attuare misure di prevenzione di patologie emergenti e sempre più presenti, quali ad esempio lo stress lavoro-correlato, il burn-out e il mobbing, care in termini di salute, economici, per il lavoratore che le vive, per l’azienda, nonché per il Sistema Sanitario Nazionale (pensiamo alle giornate di lavoro perse in malattia per un lavoratore in situazione di stress!!!).
Si apre così spazio, alle figure professionali che si occupano proprio di questi aspetti:

  • il medico del lavoro, che si occupa dei danni della salute provocate dalle cattive condizioni di lavoro;
  • lo psicologo del lavoro, che si occupa delle interazioni e degli effetti che una determinata mansione provoca nel lavoratore (pensiamo all’uso della memoria, dei tempi di reazione, dell’analisi delle capacità mentali della persona nello svolgimento del suo lavoro, ecc.);
  • il sociologo del lavoro che si occupa dell’organizzazione del lavoro, del gruppo e dei rapporti tra lavoratori.

Al loro fianco, il COUNSELOR AZIENDALE si pone come integratore di questi aspetti rivolgendosi alla promozione del benessere aziendale: tradotto in azioni concrete il Counselor aziendale si occupa del potenziamento delle risorse presenti nell’organizzazione attraverso interventi che favoriscano lo sviluppo delle competenze individuali, della motivazione, la risoluzione di disagi (sia in ambito professionale che personale) agendo attraverso la strutturazione di percorsi individuali o di gruppo.

Per l’azienda è fondamentale riuscire ad utilizzare al meglio il CAPITALE UMANO che ha a disposizione e il COUNSELOR si occupa proprio di questo: dello sviluppo delle potenzialità individuali presenti, del loro miglior utilizzo e della loro gestione nei momenti di difficoltà!
Questo non significa che un’azienda deve avere al suo interno tutte queste figure, ma nel Testo Unico si sottolinea la possibilità che il RSPP- Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione, si avvalga di risorse qualificate competenti, esterne o interne per rispondere ai bisogni che lui stesso, come auditor interno, rileva all’interno della sua azienda. L’azienda che riesce a fare questo ha maggiore produttività e risparmio, oltre che rispondere nel modo migliore a quanto richiesto, in materia di sicurezza del lavoro.

3. Come faccio a capire se soffro di burnout? Cos'è la Scala Maslach?

Letteralmente Burn-out significa “bruciato, scoppiato, esaurito” nel senso che la persona che vive questo stato soffre di un insieme di sintomi, che la vedono coinvolta a più livelli: fisico, emotivo, sociale.

La sindrome di burn-out inizialmente era associata a professionisti delle relazioni d’aiuto, (medici e infermieri, poliziotti, psicologi, insegnanti, avvocati, assistenti sociali) che per il loro lavoro si trovano continuamente a contatto con altre persone e situazioni che, senza un’adeguata gestione, a lungo andare possono portare all’esaurimento, appunto, delle proprie risorse.

Oggi questa stessa sindrome viene riconosciuta come legata in generale allo stress lavorativo.
Le aree che indicano la presenza di burn-out sono tre, identificabili in questo modo:

  • esaurimento emotivo, mancanza di energia basilare per affrontare il quotidiano, emotivamente la persona si sente svuotata, apatica e distaccata;
  • depersonalizzazione, la persona vive un distacco emotivo, caratterizzato da freddezza e cinismo attraverso i quali gestisce in modo disfunzionale il proprio lavoro;
  • mancata realizzazione personale, la persona vive l’andamento del suo lavoro come un vero fallimento per cui non si riconosce più neanche negli atteggiamenti adottati sentendosi inadeguata.

-Se la motivazione viene meno,

-se non mi riconosco più nel modo di lavorare,

-se non trovo più risorse per continuare sulla strada del mio lavoro,

beh…almeno posso cominciare a chiedermi da cosa dipende e cosa posso fare prima che questo diventi cronico!

Ovviamente per parlare di sindrome di burn-out questo deve accadere da un tempo prolungato e le conseguenze devono essere pervasive nella vita professionale e personale, nel momento in cui vengono persi i confini tra i diversi ambiti.
La scala di Maslach invece è un test costituito da 'item', ossia affermazioni dichiarative che espongono un atteggiamento positivo o negativo riguardo un determinato oggetto, per i quali si richiede di esprimere il proprio accordo o disaccordo, in modo da indagare l’atteggiamento del soggetto che risponde. Il test MBI del 1981 e le successive evoluzioni sono rivolte ad indagare le cause del burn-out e le eventuali strategie per evitare o superare i fattori stressogeni.

4. Un incontro (o un ciclo) di counseling è diretto esclusivamente a chi soffre di burnout, oppure anche altre tipologie possono avvalersene?

Il Counseling è una relazione d’aiuto, può avvalersi quindi di un Counselor, chiunque senta la necessità di confrontarsi su temi personali cui non riesce a trovare risposte, che siano:

-problemi relazionali,

-di comunicazione,

-affettivi,

-professionali, come nel caso della gestione dello stress lavoro correlato, o chiunque abbia quesiti esistenziali cui voler fare fronte.


In particolare, per quanto riguarda il burn-out con il Counseling aziendale, si può lavorare a livello preventivo direttamente in azienda, mentre a livello individuale si possono fare dei percorsi specifici per la persona.

Laddove vengono identificati i sintomi del burn-out è importante fare un’attenta analisi per valutare quale professionista sia il più adatto per ogni situazione, in base all’analisi del bisogno e della domanda che ne proviene.

5. Come è visto oggi il counseling in Italia? Esistono punti di riferimento di counseling? Chi se ne occupa e dove?

Mentre nei paesi anglo-sassoni il Counseling è largamente diffuso ed utilizzato ormai da diversi decenni, oggi in Italia è una professione riconosciuta ma ancora non regolamentata; ciò significa che ne viene riconosciuta la validità e che si sta lavorando per definire quali saranno i criteri per il riconoscimento del titolo di ‘Counselor’.

Culturalmente ci stiamo aprendo solo recentemente, a tutto ciò che riguarda la sfera più propriamente intima dell’essere umano: quella psichica ed emotiva.
A tale proposito, chiunque fosse interessato e voglia informarsi sul Counseling, consiglio di fare riferimento ad associazioni e scuole che esistono e lavorano in ambito nazionale (es. enti accreditati al CNCP o alla REICO) e che rilasciano il titolo di Counselor dopo un periodo formativo che non sia inferiore ai 3 anni.

Così come un medico non potrebbe diventare un medico in un solo anno, difficilmente si potrebbero acquisire in poche settimane, tutti gli strumenti e i lavori che un Counselor deve acquisire ed affrontare, per poter essere un Counselor competente!


Qui a Roma ci sono molti studi di Counseling che lavorano privatamente, o collaborano con associazioni occupandosi di diversi ambiti sociali:


-dal sostegno alla genitorialità,
-al counseling aziendale,
-a quello rivolto all’età evolutiva


Assicuratevi sempre che siano professionisti con un background adeguato e possibilmente iscritti ad associazioni di categoria, che garantiscano il loro profilo professionale.
Per ulteriori info vi invito a contattarmi all’email claudia.daversa@email.it oppure a visitare il sito www.progettocounseling.it .

La ringraziamo per la collaborazione!

Grazie a voi! 

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